Non so se si riuscirà a trarre qualcosa di positivo dall’immane tragedia che ha colpito il nostro Paese e il mondo. Fatico a crederlo, eppure voglio sforzarmi di crederlo. Lo dobbiamo a tutti i nostri morti, lo dobbiamo a medici, infermieri e a tutti coloro che hanno sacrificato o comunque messo a rischio la loro vita in questo periodo.
Spero quindi che la pandemia da COVID-19 possa rappresentare la fine di un mondo. Il mondo in cui persone che non hanno mai guardato in faccia un malato sofferente tolgono sempre maggiori risorse alla sanità, demotivano il personale sanitario e moltiplicano senza fine i carichi di lavoro. Un mondo in cui si è lasciata allo sbando la medicina del territorio. In cui si è data importanza a tante cose futili dimenticando che ciò che conta davvero sono la salute e le relazioni sociali e, certo, avere un lavoro che permetta di vivere dignitosamente. Un mondo in cui ciascuno pensa solo a sé stesso e usa i social media unicamente per stupidaggini.
Voglio credere che il positivo sia riscoprire quanto è importante abbracciarsi, proprio ora che non possiamo farlo: così in un futuro, quando potremo, lo faremo più spesso. Sia riscoprire quando è importante sorridere, proprio ora che le mascherine ci nascondono la bocca. Così, quando potremo, ci ricorderemo di sorridere a tutti gioendo di essere vivi. Sia avere scoperto un modo utile e sensato di usare i social media, facendoli scoprire anche chi era “analfabeta” da questo punto di vista.
Voglio credere che in un futuro si ripensi alla sanità ascoltando le necessità e le idee di chi è in prima linea. Che non si lasci in mano la sanità ai soli ingegneri gestionali. Che ci si prepari in anticipo nel caso una situazione del genere dovesse ripresentarsi in futuro, studiando anche il modo di evitare che si muoia completamente da soli (l’aspetto più tragico dei tragici di questa pandemia) e che persone fragili come i soggetti con deficit cognitivo affrontino il soggiorno nelle strutture ospedaliere senza poter vedere i volti familiari.
Voglio credere che i nostri figli, che hanno perso la possibilità di frequentare la scuola in questi mesi, siano diventati più adulti e più forti alla scuola della vita. Ma di questo sono sicura.